PSICOTERAPIA DI GRUPPO: in cosa consiste e in che modo può essere di aiuto
PSICOTERAPIA DI GRUPPO:
in cosa consiste e in che modo può essere di aiuto
“Interessante e consolante condividere il proprio essere con altri disposti alla stessa condivisione: mettersi in gioco!”
“Un sentimento di gratitudine per tanta bellezza e profondità! Sarà un bel lavoro!”
“Con l’animo pieno di gratitudine vado via piena d’amore per tutto il gruppo e per me stessa”
In che modo la terapia di gruppo aiuta i pazienti? Un gruppo terapeutico non è solo una piccola comunità unita in cui le persone si sentono accolte, accettate, confrontate e confortate. Uno degli aspetti cruciali in una efficace terapia di gruppo è costituito dall’interazione interpersonale all’interno del “qui e ora”. All’interno di questo spazio, temporale, fisico e simbolico, i partecipanti interagiscono liberamente gli uni con gli altri, trovano la possibilità di dare espressione alle loro forze interne, spesso misconosciute o alienate, entrano in contatto con parti alienate di sé e, dopo averle riconosciute e sperimentate, iniziano un processo di integrazione ricreando un nuovo equilibrio e un nuovo ordine interiore.
Il cambiamento terapeutico è un processo altamente complesso che avviene attraverso un’intricata interazione di esperienze umane, a cui possiamo far riferimento usando l’espressione “fattori terapeutici”.Irvin Yalom, professore emerito di Psichiatria presso la Stanford University School of Medicine e autore di una nutrita serie di saggi sulla psicoterapia di gruppo e di vari romanzi, individua 11 fattori fondamentali:
Infondere e mantenere la speranza è di importanza decisiva in tutte le psicoterapie: la fiducia in un metodo di trattamento può essere di per sé efficace dal punto di vista terapeutico.In particolare, la terapia di gruppo si giova di una fonte di speranza che è specifica della struttura del gruppo.
Nei gruppi terapeutici vi sono individui che si trovano a livelli diversi lungo il continuum che va da un modo attivo di affrontare un disagio, una difficoltà, una malattia fino all’incapacità di affrontarla. I membri vedono o sentono parlare di altri membri del gruppo che nel gruppo sono migliorati; si imbattono in membri che hanno avuto problemi molto simili ai loro e che li hanno affrontati in modo efficace.
Molti individui intraprendono la terapia con la triste convinzione di essere senza uguali nella loro disgrazia, di avere essi soli certi problemi, pensieri, impulsi e fantasie spaventosi o inaccettabili. In un certo senso questo è vero per ognuno di noi, ma per molte persone il senso di unicità è spesso intensificato dall’isolamento sociale: spesso non si presentano loro occasioni di relazioni veramente intime.
Nella vita quotidiana non vengono a conoscenza delle esperienze e dei sentimenti analoghi vissuti da altri, né si servono dell’opportunità di confidarsi con gli altri sentendosi da questi “convalidati” e accettati.Nel gruppo terapeutico la smentita di queste sensazioni di unicità rappresenta una notevole fonte di sollievo. Dopo aver ascoltato altri membri del gruppo che rivelano preoccupazioni simili alle proprie, le persone riferiscono di sentire un maggior contatto con il mondo e parlano di questo processo come di un’esperienza che dà loro “il benvenuto nella specie umana”.
L’uomo ha sempre detestato l’incertezza e, nel corso dei secoli, ha cercato di ordinare il suo universo attraverso spiegazioni principalmente religiose o scientifiche. La spiegazione di un fenomeno rappresenta il primo passo verso il controllo del fenomeno stesso. L’istruzione didattica esplicita da parte del terapeuta viene impiegata per fornire nozioni, per modificare schemi di pensiero negativi, per dare una struttura al gruppo, per spiegare il processo della malattia.
Nel gruppo terapeutico, i membri ricevono qualcosa per il fatto stesso di dare. Le persone che decidono di intraprendere una terapia di gruppo sono spesso demoralizzate e hanno un senso di autostima molto ridotto e sono perciò convinte di non poter offrire agli altri nulla di veramente valido.
Per molto tempo si sono considerate un peso per gli altri e scoprire di essere state importanti per altre persone è un’esperienza ristoratrice che dà un forte impulso all’autostima. La terapia di gruppo è l’unica a dare l’opportunità ai membri di essere di beneficio agli altri. Incoraggia anche una versatilità di ruolo, dato che possono passare dal ruolo di colui che riceve aiuto a quello di colui che lo fornisce, e viceversa.
La grande maggioranza delle persone che intraprendono un percorso terapeutico ha alle spalle una storia di esperienze profondamente insoddisfacenti vissute nel loro primo e più importante gruppo: la famiglia di origine. Il gruppo terapeutico assomiglia sotto molti aspetti a una famiglia: vi sono le figure genitoriali, i fratelli coetanei, rivelazioni personali, forti emozioni e una profonda intimità, come pure sentimenti ostili e di competitività.
Nel gruppo terapeutico i primi conflitti familiari possono essere rivissuti, ma in modo correttivo: elaborare i propri problemi con il terapeuta e gli altri membri del gruppo significa anche poter lavorare su eventi irrisolti del lontano passato.
«Quando parli dei tuoi sentimenti mi piaci e vorrei avvicinarmi a te; ma quando cominci a parlare dei fatti e dei dettagli, vorrei trovarmi cento miglia lontano!»
L’apprendimento della socialità, ovvero lo sviluppo delle doti essenziali per il vivere sociale, è un fattore terapeutico che agisce in tutti i gruppi. Il fatto che i membri siano incoraggiati a dare un feedback esplicito permette di ottenere numerose informazioni sul proprio comportamento, in particolare sul comportamento sociale non adattivo.
Spesso il gruppo, per individui che non hanno mai instaurato relazioni di una certa profondità, rappresenta la prima occasione di un serio feedback. Per esempio, possono rendersi conto della propria imbarazzante tendenza a evitare di guardare la persona con la quale conversano; o venire a conoscenza delle impressioni degli altri sul proprio atteggiamento altezzoso e arrogante o di una quantità di altre abitudini sociali che, a loro insaputa, hanno compromesso i rapporti con gli altri.
Queste acquisizioni sono molto più che benefici collaterali: permettono infatti di comprendere quanto sia grande la discrepanza tra ciò che intendono comunicare e l’effettivo impatto che hanno sugli altri e, nel tempo, aiutano le persone nelle future interazioni sociali e costituiscono le fondamenta dell’intelligenza emotiva.
Albert Bandura, teorico dell’apprendimento sociale, ha dimostrato sperimentalmente che l’imitazione è una forza terapeutica efficace. Nei gruppi il processo imitativo è più diffuso, poiché si possono assumere a modello alcuni aspetti sia degli altri membri del gruppo sia del terapeuta.
I membri del gruppo imparano osservando il modo in cui gli altri affrontano i problemi, sperimentano nuovi comportamenti, che a loro volta possono innescare una spirale adattiva. Non è raro che le persone nel corso della terapia provino su di sé parti di altre persone e poi le abbandonino perché mal confacentesi.
Questo processo può avere una forte influenza terapeutica; scoprire ciò che non si è costituisce un progresso verso la scoperta di ciò che si è.
Nello studio della società umana, le relazioni svolgono una funzione essenziale. Viviamo in una matrice relazionale e quindi possiamo comprendere l’individuo solo sullo sfondo delle sue relazioni passate e presenti. La stessa personalità è quasi interamente il prodotto dell’interazione con altri esseri umani significativi. Il bisogno dell’uomo di essere strettamente legato agli altri è fondamentale quanto qualunque esigenza biologica e, considerato il lungo periodo di infanzia impotente, necessario alla sopravvivenza.
Durante lo sviluppo, il bambino, nella sua ricerca di sicurezza, tende a incrementare quei tratti e quegli aspetti di sé che incontrano approvazione e a soffocare o negare quegli aspetti che vengono disapprovati. Alla fine l’individuo sviluppa un concetto di sé basato su queste valutazioni che egli percepisce fatte da persone per lui importanti. Il processo secondo il quale costruiamo la considerazione di noi stessi basandoci sulle valutazioni riflesse che leggiamo nelle idee delle persone per noi significative continua attraverso il ciclo evolutivo.
Anche la sintomatologia psicologica trova la sua origine e la sua espressione nell’ambito dei processi interpersonali inadeguati. Compito della psicoterapia è aiutare la persona a costruire relazioni realistiche e soddisfacenti. All’interno del gruppo terapeutico, vissuto come un microcosmo sociale, le persone manifestano il proprio comportamento non adattivo; attraverso i feedback – chiari e sinceri – e l’autoriflessione, diventano man mano consapevoli delle distorsioni personali e dei comportamenti non adattivi che suscitano risposte sgradite da parte degli altri membri del gruppo. La persona quindi acquisisce consapevolezza della propria responsabilità nell’innescare specifiche reazioni negli altri e sperimenta nuovi modi di entrare in relazione, trasformando il gruppo in una sorta di laboratorio in cui fare esperienza di Sé.
Come nella psicoterapia individuale una buona relazione tra terapeuta e paziente è essenziale perché si giunga a un esito positivo, allo stesso modo, nella terapia di gruppo, la coesione è strettamente collegata al buon esito della terapia. Nonostante essa rappresenti una proprietà fondamentale dei gruppi e sia stata ampiamente analizzata, è difficile formularne una definizione precisa. Il problema sta nel fatto che la coesione si riferisce a dimensioni che si sovrappongono: da una parte è un fenomeno di gruppo, lo spirito di corpo; dall’altra vi è l’attrazione dell’individuo verso il gruppo. In generale, comunque, potremmo definire la coesione come l’attrattiva che un gruppo esercita sui suoi componenti.
L ’appartenenza al gruppo, l’accettazione e l’approvazione sono della massima importanza per lo sviluppo dell’individuo. Molte persone hanno una storia di gruppo molto scarna: non sono mai stati prima membri validi, integranti e partecipi di un gruppo. Per queste persone il semplice superare in maniera soddisfacente un’esperienza di gruppo può essere di per sé terapeutico. L’appartenenza al gruppo fa aumentare l’autostima e soddisfa i bisogni di dipendenza dei membri, in modi, tuttavia, che incoraggiano la responsabilità e l’autonomia, poiché ogni membro contribuisce al benessere del gruppo e interiorizza l’atmosfera di un gruppo coesivo. In maniere diverse, i membri del gruppo terapeutico acquistano grande importanza l’uno per l’altro.
Infine, in un’epoca in cui la cultura è guidata da una tecnologia che inesorabilmente disumanizza le relazioni umane, rendendone i confini sempre più permeabili ed effimeri, l’affiatamento che si sviluppa in un gruppo può essere considerato una vera e propria forza che opera in senso contrario.
La parola catarsi deriva dal greco e significa “purificazione”. Per secoli, le persone sono state purgate affinchè si ripulissero dall’eccessiva bile, dagli spiriti maligni e dalle tossine infettive. Oggi sentiamo il bisogno di esprimere e liberarci delle emozioni represse e soffocate: questa non è un’esperienza sufficiente, ma è necessaria.
L’aperta espressione di emozioni è senza dubbio vitale per il processo di gruppo, perché in sua assenza, il gruppo degenererebbe in uno sterile esercizio accademico, ma essa è solo una parte del processo e deve andare di pari passo con l’acquisizione della capacità riflessiva: la capacità di riflettere sulla propria esperienza emotiva è una componente essenziale del processo di cambiamento.
Per fattori esistenziali si intendono tutti quei fattori collegati all’esistenza, ossia al nostro confronto con la condizione umana e con i duri fatti esistenziali della vista: la nostra mortalità, la libertà e la responsabilità di costruire il nostro progetto di vita, la sensazione di solitudine, la costante e continua ricerca di significato. L’uomo tende a contrastare questi aspetti prestabiliti della vita; dai conflitti in ciascuno di questi ambiti deriva l’angoscia.
Avere la possibilità di condividere con altri i problemi che condizionano le esistenze di tutti, sentirsi sostenuti nell’immergersi più profondamente in sé stessi, pone l’individuo nello stato di coscienza dell’essere, ovvero quella condizione in cui siamo consapevoli di essere, viviamo in modo autentico, abbracciamo le nostre possibilità e i nostri limiti e siamo consapevoli di essere gli “incontestati autori” della nostra vita.
Essere consapevole della propria autocreazione dà all’individuo il potere di cambiare.
Carl Rogers ritiene che l‘esperienza umana profondamente sentita nel gruppo possa essere molto importante per le persone: anche se non crea conseguenze visibili, se non c’è un cambiamento esteriore nel comportamento, la persona può tuttavia sperimentare una parte più umana e più ricca di sé e servirsene come punto di riferimento interiore.
Tratto e liberamente interpretato dal manuale Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Irvin D. Yalom con Molyn Leszcz.